Le Avventure del professor Aragosa, QUARTA PUNTATA
Di Lidia Di Lorenzo
Era quasi terminato l’anno scolastico, i docenti, gli alunni, tutto il personale si erano affezionati al Preside Aragosa, nonostante il suo cognome, nonostante fosse della Terronia. Anzi solevano lodarlo dicendogli <Preside, non sembrate proprio un uomo del sud!>. Anche l’albergatrice lo stimava e coccolava offrendogli cibo abbondante e molto condito. Si sa, la cucina emiliana è delle migliori del mondo. Il professore Aragosa appariva evidentemente ingrassato di più di cinque o sei chili, la pressione gli era salita a centosettanta e dovette mettersi a dieta. Se ne dispiacque Otile di non poterlo più nutrire con i monumentali gnocchi della loro cucina, con i tortelli in brodo e tanta carne di maiale. Dovette servirgli pasta lessa con olio e parmigiano fino alla sua partenza.
La vita scolastica scorreva tranquilla. Aveva fatto amicizia
con due scapoloni del posto che lo portavano di domenica a Maranello per le
corse di automobili, a cena fuori, a vedere qualche bel posto. Due docenti di
Limatola che insegnavano nella zona lo prelevavano talvolta per portarlo a
pranzo a casa loro. Anche il giovane parroco del paese gli voleva bene, tanto
che spesso lo portava a Reggio Emilia per qualche compera. L’unico problema era
che il suddetto parroco aveva una guida molto disinvolta e che a cento all’ora
scendeva per la montagna abbozzando le curve, non si sa se per abitudine di
guida o perché si divertisse a far spaventare il passeggero. Il paese era
pacifico, pare che il sindaco-postino facesse cose giuste e si interessasse
prontamente delle necessità della gente. Inviava puntualmente gli operai nella scuola per la piccola manutenzione, mandava materiale didattico, accudiva con sussidi i figli di famiglie indigenti.
Un fatto strano intanto avvenne in quel paesino di 3500 abitanti, in genere senza avvenimenti di cui si potesse parlare: ignoti ladri avevano nottetempo svaligiato l’Ufficio postale.
A memoria di uomo nulla di simile era mai accaduto.
I carabinieri iniziarono le indagini con “la perizia e la discrezione dovute” e appurarono che qualcuno nei giorni precedenti aveva sentito delle persone parlare con accento napoletano. Il fatto fu confermato da testimoni uditivi, così si disse, di quella stessa notte.
I ladri erano, dunque, persone della Terronia, arrivati lì a Baìso per sconvolgere la pace paesana e portare solo rovina. Si scatenò il pregiudizio represso contro la gente del sud e così un pomeriggio due carabinieri si presentarono nell’albergo e chiesero del Preside. Questi scese dalla sua camera e si presentò sorridente e cordiale, anche se un poco incuriosito, pensando a problemi sorti nell’ambito della scuola. Ma, dopo un discorso generico, in cui si parlò del più e del meno, uno dei due investì bruscamente il Preside con la domanda:
Più inebetito che divertito, il professore Aragosa, in esilio momentaneo dalla sua terra natia, rimpianse il Taburno, il Matese, i Monti Tifatini, il fiume Volturno e i carabinieri di Dugenta, e certamente le sue belle piramidi, che da quando aveva cominciato ad allungare lo sguardo oltre le mura domestiche, gli erano sempre sembrate cariche di mistero.
autore: Lidia Di Lorenzo, foto della miniatura: la pensione Guidetti, una cartolina presa dal web
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