di Lidia Di Lorenzo

A circa 500 metri dalla piazza Annunziata della frazione A.G.P. di Limatola, percorrendo la strada che conduce alla parte antica del paese, si trova un bivio. Vi fa da angolo una vecchia costruzione, dove una volta lavorava un fabbro, in un’oscura e stretta officina, illuminata dalla luce proveniente dalla porta, oltre che dalle scintille provocate dal ferro arroventato, battuto col maglio a forza di braccia. La piccola bottega aveva un tempo un fascino inquietante, perchè sul frontespizio c’era  un’edicola recante l’immagine di un guerriero alato, l’arcangelo Michele, in atto di brandire la spada e schiacciare con un piede Satana, raffigurato in forma antropomorfa, ma con ali nere ed aguzze, corna e coda, riverso a terra. Recentemente mani ignote hanno rimosso le maioliche che componevano la scena, lasciando intatta solo la cornice. E’ quanto rimane oggi del complesso della Chiesa arcipretale di Ognissanti, costruita evidentemente prima del mille, in quanto riportata nella Bolla di Sennete del 1113. Essa fu al centro della vita della comunità del Casale fino agli anni cinquanta, quando l’avvento del cemento, unito ad una cultura del tutto irrispettosa di ciò che era antico, permise la demolizione dell’edificio religioso, cancellando il pezzo di storia antica e recente di cui era stato protagonista.

Là dove era la chiesa sorge ora una graziosa villetta e dell’edificio storico non rimane più traccia.

Si ricorda che in esso officiavano diversi sacerdoti, in quanto la parrocchia, da cui dipendevano ben sette chiese, era titolare di consistenti rendite agricole e che fu adibita, ad altre attività, quando prevalse la nuova chiesa intitolata all’Annunziata, posta nella piazza, sulla strada provinciale. Nel piano terra fu allogato, allora, l’Asilo infantile, e nel piano superiore, dove si celebrava la messa, dopo anni di scarso utilizzo del locale, venne sperimentato per la prima volta il Cinema parrocchiale.

Protagonista della ardita novità fu il parroco del tempo, don Giovanni D’Agostino, figlio della stessa terra di Limatola, per essere nato nella frazione Biancano. Giovane e dinamico, estroso e volitivo, seppe cogliere i tempi nuovi che davano allora i primi segni e con la disinvoltura, di cui sono capaci le persone di grande intelligenza, si adoperò con l’aiuto di alcuni giovani a sistemare il locale, e ad imbiancare la parete di fondo, dove una volta era l’altare, quindi acquistò la macchina di proiezione. Essendo dotato anche di ingegno pratico e di capacità intuitive, divenne lui stesso operatore e realizzò quella che possiamo considerare la prima forma di modernità del nostro paese, momento di aggregazione e di liberazione dalle angosce della guerra. Le prime proiezioni erano tuttavia segnate dalla continua rottura della pellicola, che il parroco immediatamente riparava, ma la cosa a nessuno arrecava fastidio, perchè la visione delle immagini che si muovevano sullo schermo e le trame avvincenti avevano un fascino ipnotico sugli spettatori, che accorrevano numerosi, anche dai paesi vicini. Lo spettacolo era domenicale e i primi film furono di contenuto religioso e moralmente ineccepibile: “Il cielo sulla palude”, “Le due orfanelle”, “La cieca di Sorrento”, “La muta di Portici”, “Marcellino pane e vino”. Non mancava qualche incursione nel neorealismo, come “Ladri di biciclette”, “Sciuscià”, ma gli argomenti qui trattati non venivano apprezzati, perchè la gente, serbando ancora nelle orecchie il terrificante rombo degli aerei da guerra che solcavano il cielo, voleva voltare pagina e preferiva sognare con le vicende sentimentali, magari a lieto fine o nelle quali era il bene, sempre e al di sopra di tutto, a trionfare. Durante la stagione estiva lo spettacolo avveniva all’aperto, nel cortile antistante la chiesa, e un lenzuolo bianco, teso con delle corde legate ai rami degli alberi e alla parete esterna della costruzione, era lo schermo.  Nelle feste patronali lo spettacolo si trasferiva in piazza, dove veniva allestita “la sala”. Ognuno portava la sedia da casa, e queste venivano allineate di fronte ad una parete, su cui era stato inchiodato il panno bianco per la proiezione. Ai lati alcuni uomini assistevano seduti direttamente sui sedili delle biciclette o sulle vespe, la maggior parte era in piedi, pazientemente per ore. Anche in queste occasioni prevaleva il film a contenuto religioso: vite di Gesù e dei santi. Ma poi vennero anche film comici o di contenuto amoroso: Totò e Peppino, in mille versioni, e tutta la saga di Don Camillo e dell’onorevole Peppone, ma anche “Manon”, trasposizione cinematografica del famoso dramma di Prévost, e ancora “Bellissima”, “Catene”, “Incantesimo”, “Delitto e castigo”, “I figli di nessuno”. I primi baci di celluloide e i primi passionali abbracci, offerti in visione a tutti, “compresi donne e bambini”, non mancarono di suscitare preoccupazione nel piccolo ambiente, dove fino a poco tempo prima l’attrice era considerata una meretrice e tutto ciò che veniva dalla città scandaloso. Se poi ciò era proposto proprio dalla chiesa, la cosa suscitava ancora maggiore agitazione. Il primo rudimentale e avventuroso cinema fu chiuso, anche perchè don Giovanni fu trasferito in altra sede, e a proseguire l’iniziativa fu, dopo qualche anno, il parroco del centro di Limatola, Don Salvatore Carrese, che costruì una sala-teatro con i dovuti criteri di edilizia richiesti, e diede inizio a proiezioni di ogni genere, anche se ovviamente filtrate dalla sua sensibilità di uomo di chiesa ed educatore. Le sale cinematografiche ormai erano diffuse su tutto il territorio nazionale, aperte da religiosi, ma anche e soprattutto da laici e il popolo italiano sembrava trovare la sua identità in nome di quello spettacolo magico che aveva la forza di interessare le masse. Si moltiplicarono i Circoli del cinema, che erano già nati con poca fortuna negli anni ’40, e si istituirono i Cineforum. Le iniziative, pure se si ispiravano a diverse ideologie, mirarono tutte ad organizzare l’interesse spontaneo dei cittadini e a promuovere un atteggiamento positivo in tutti gli ambienti, comprese le scuole e le università, verso lo spettacolo cinematografico. Fu, tuttavia, proprio merito dell’audacia dei parroci che il popolo italiano dei piccoli centri fece il primo incontro con questa nuova forma di comunicazione, divertimento e arte. Sale parrocchiali furono aperte anche nei paesi vicini al nostro, mentre i tempi evolvevano velocemente.

Arrivarono anche a Limatola i film americani e francesi. Si preferì il genere western e di evasione, a discapito di quello impegnato e di denuncia sociale. Le prime locandine, a colori, affisse all’ingresso del locale, mostravano quelli che sarebbero divenuti i nuovi modelli da imitare. Così le donne, impegnate anche nella lettura clandestina di cineromanzi e fotoromanzi, sciolsero il nodo del foulard che mortificava la chioma, legarono i capelli dietro il capo a coda di cavallo, come Brigitte Bardot, strinsero gli abiti e indossarono il tacco a spillo, per mostrare la linea del corpo, come Grace Kelly, truccarono gli occhi e laccarono la bocca come Elizabeth Taylor. Si impose anche un nuovo ideale di uomo: forte e bonario come John Waine o bello e tenebroso come Marlon Brando,  affascinante e mascalzone come Alain Delon o virile e ironico come Clark Gabol. La brava ragazza tutta casa e chiesa perdette la sua attrattiva come moglie e i giovani preferirono sempre di più quella disinvolta e attraente, mentre il pullman di linea si riempiva sempre di più di studenti, che vedevano nell’istruzione il definitivo riscatto dalla miseria. Ci si avviava velocemente verso l’acme del boom economico: erano i favolosi anni ’60.

Poi la televisione, capillarmente diffusa, propose un più comodo divertimento domestico e anche questa sala fu chiusa, perchè disertata dagli adulti e quindi economicamente insostenibile. Oggi la sala “Pio XII”, facente parte del complesso parrocchiale della nuova chiesa di S. Biagio, funziona quasi esclusivamente come teatro, in maniera occasionale, quando volenterose compagnie locali propongono alla comunità qualche loro prezioso lavoro.

Dal sito www.terredeigambacorta.onlus, anno 2012, autore: Lidia Di Lorenzo


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