PRIMA PARTE

di Angelo Di salvatore


  LA MISSIONE MINURSO HA INIZIO NEL 1991 COME PARTE DEL PROGRAMMA DI SOLUZIONE DEL CONFLITTO, ORIGINATO DAL CESSATE IL FUOCO TRA IL MAROCCO ED IL FRONTE POPOLARE PER LA LIBERAZIONE DI SAGUIA EL HAMRA E DEL RIOD DE ORO (FRONTE POLISARIO), SUPPORTATO DALL’ALGERIA.

IL CONFLITTO TRAEVA ORIGINE DALL’AZIONE DEL MAROCCO CHE, A SEGUITO DELL’ABBANDONO DELLA SPAGNA AVVENUTO NEL 1976, AVEVA REINTEGRATO IL TERRITORIO CONTESO (SITUATO A NORD-OVEST DELL’AFRICA E CONFINANTE CON IL MAROCCO, LA MAURITANIA E L’ALGERIA), ALL’INTERNO DEI PROPRI CONFINI.

AL FINE DI SEDARE LE OSTILITÀ, IL CONSIGLIO DI SICUREZZA EMANAVA LA RISOLUZIONE N. 690 IN DATA 29 APRILE 1991, CON LA QUALE SI ISTITUIVA UNA MISSIONE A GUIDA ONU CON L’OBIETTIVO DI ORGANIZZARE E CONTROLLARE LO SVOLGIMENTO DEL REFERENDUM PER L’AUTODETERMINAZIONE DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE NELLA REGIONE DEL SAHARA OCCIDENTALE E MONITORARE IL CESSATE IL FUOCO TRA LE FORZE MAROCCHINE ED IL FRONTE POLISARIO.

DOMENICA 13 OTTOBRE 1996  

E’ molto presto, saluto tutti i miei familiari e, da Limatola accompagnato dai miei cognati, mi metto in viaggio per l‘aeroporto di Fiumicino.

Sono le 11:30, un’ultima telefonata a casa, parlo con Maria, Antonio e Fabiola, piango mentre entro nella zona dei voli internazionali.

Parto per il  Sahara Occidentale con un volo della Royal Air Maroc, scala a Casablanca poi    Agadir e infine arrivo in serata all’aeroporto militare–civile di Laayoune  capoluogo ufficioso della Regione Sahariana.

Fà caldo secco, non c’è  un minimo di umidità.   Viene  a prendermi un pulmino bianco con  la sigla UN ( Nazioni Unite) stampigliata sulle fiancate e sul  tettuccio. Sono giunto  nel Sahara Occidentale , un territorio dove dovrò passarci un intero anno.

Nel pulmino oltre al sottoscritto  prende posto un‘altra persona, che salutando, dal suo inglese capisco provenga dall’ Est -europeo.

Si chiama Victor Salnajef, ed è un ufficiale dell’Armata russa anche lui destinato alla mia stessa missione.

Entrambi faremo parte della MINURSO,  Missione delle Nazioni Unite per il Referendum  nel Sahara Occidentale.

Il pulmino ci lascia presso l’Hotel Nagir, un albergo decoroso che si affaccia su una grande piazza, nei pressi di una moschea.

Mi assegnano una camera dove trovo altri due ufficiali arrivati lo stesso giorno: sono

Masud e Abdul provengono dal Banglades; entrambi vestono il lungi  una sorta di gonna lunga dai vari colori, tipica del loro paese.

Passo la notte pensando ai miei, in un dormiveglia continuo, non riposo affatto e molto presto, dopo l’invito alla preghiera del muezzin della vicina moschea, e una frugale colazione con tè,  biscotti e datteri, mi trasportano al Comando della Missione , dove mi riceve il capo del personale , un ufficiale francese, e successivamante il Comandante della forza militare il Generale portoghese  Jorge Barroso de Moura Major-General.

Rimango a Laayoune  tre  giorni completi, per l’indottrinamento  (in processing)  mi consegnano materiali ed equipaggiamenti vari,  sottoscrivo documenti, mi fotografano e mi danno  la carta di identificazione delle Nazione Unite,  il Badge  ONU.

Adesso faccio parte  ufficialmente della missione Minurso.

Al quarto giorno mi metto in viaggio per raggiungere Dakla  dove si trova  il Comando del Settore Sud della Missione.  Normalmente la tratta viene coperta con un aereo Onu da trasporto, un Antonov con equipaggio ucraino, ma data la presenza a Laayoune di due ufficiali provenienti da Dakla, affronto il viaggio in fuoristrada con loro.

Alla guida c’è un è americano mentre l’altro è greco.

Durante il viaggio che dura  circa 7 ore, ho il diretto impatto con il deserto. Lungo la strada incontriamo, dromedari, camion militari, svariati posti di blocco delle forze armate marocchine  e nulla più.  Solo e soltanto deserto. Il nostro fuoristrada con le insegne dell’Onu e con la bandiera celeste, è il nostro lasciapassare.

Ovunque il  panorama si presenta pressochè identico: sabbia, sterpaglie e ancora sabbia.

Inprovvisamente il mare, l’oceano Atlantico.

In prossimità di Dakla che è situata su di una penisola incominciamo a vedere  tende, persone, auto, fuoristrada, dromedari, grandi iscrizioni in arabo e movimenti  di aerei militari e civili.

UN Dakla, UN  Dakla, qui Fox Menber, così l’ufficiale americano alla guida della Toyota chiama via radio il Comando del Settore Sud , UN Dakla UN  Dakla  stiamo per arrivare…., abbiamo con noi l’Alfa Tango Menber (italiano) , stiamo per arrivare. Bene OK , la risposta di Dakla.

Ogni ufficiale osservatore  viene identificato tramite lettere dell’alfabeto ONU e  un  numero. Il mio è  Alfa Tango 32  ( Alfa Tango identifica la nazionalità, e il numero è un progressivo di tutti gli ufficiali  italiani che mi hanno preceduto).

Appena giunto e salutato il Comandante del Settore,un cinese, mi danno una stanza  e mi informano della  mia finale  destinazione : Oum Drega.

Il mattino seguente,  con un elicottero MI 8, con equipaggio ucraino,  sorvoliamo il deserto nelle sue varie tipologie:  sabbioso con dune -Erg,  roccioso con altipiani -hamadas o solo  roccioso -reg e giungiamo  finalmente a Oum Dreyga una località esistente solo sulla carta ma non  nella realtà , lì comunque c’è il mio Team Site  ossia la  mia postazione di servizio.

La temperatura esterna comunicataci dal pilota è di circa  51°.

Ci troviamo nel territorio desertico controllato dalle forze del Marocco.

Per certi versi, sembra di rivivere il “ Deserto dei Tartari” il film  di Mario ZURLINI.

La mia postazione  è completamente circondata da sabbia e non si vedono altre strutture all’orizzonte che facciano pensare alla presenza di altra gente. Siamo completamente isolati.

Scaricato il materiale, vengo accolto da una parte del personale e dal Team Site Leader  il Magg Cardozo di  nazionalità onduregna.

Mi sistemo nella stanza assegnatami  nella  grossa  tenda dormitorio, dove oltre al letto, c’e un armadietto,un tavolino, un attaccapanni e un condizionatore d’aria. Un’apertura chiusa,trasparente funge da finestra  ai bordi della quale c’è tutta una colorazione rossiccia: la sabbia del deserto…

Apro l’armadietto dove incollate trovo delle informazioni pratiche, riguardo l’acqua da bere, il pericolo dei serpenti e degli scorpioni molto presenti, e soprattutto il pericolo sempre incombente della presenza di innumerevoli mine.

Inoltre trovo anche l’ “ UN Code ” una sorta di comandamenti che l’ufficiale osservatore deve  rispettare. Cosa si può fare e cosa non si deve fare.

Mi chiamano per una riunione  cui partecipano tutti gli ufficiali osservatori presenti,  il personale civile ( 1 meccanico  e un tecnico dei collegamenti ), siamo 12 persone.

Mancano otto persone che ancora si trovano in pattuglia.

Mi presento a tutti.  Ognuno veste a modo proprio, chi in pantaloni corti e maglietta,  chi in tute ginniche  e altri anche con abiti tradizionali dei loro paesi.

Nelle attività operative, è d’obbligo la tuta mimetica,il basco e la sciarpa blu  delle Nazioni Unite

Si discute delle operazioni del giorno e di quelle del domani.

La nazionalità dei colleghi è varia: uruguaiani, americani, francesi, malesi, pakistani, irlandesi, argentini,onduregni,  russi, egiziani, cinesi,  ecc. ecc.   Il  meccanico Ismael è palestinese e  Mostafa, il tecnico delle trasmissioni è delle isole Barbados.

Oltre alle normali attività di pattugliamento, ogni ufficiale ha un incarico secondario che, nei momenti di pausa o dopo le 17:00, fine delle attività operative della giornata,  svolge  in maniera più o meno intensa.

Il mio incarico secondario e quello dell’addetto ai rifornimenti: acqua da bere, acqua per lavarsi e per i servizi generali, gasolio per i genaratori, gasolio per i fuoristrada,benzina avio , derrate alimentari che ci vengono fornite due volte alla settimana con appositi aerei da trasporto, materiali vari, gomme per fuoristrada, pezzi di ricambio ecc ecc , un compito piuttosto  impegnativo che mi permette comunque di collegarmi ogni giorno con il personale logistico del Comando a Laayoune, con i vari Team Site, con le Unità mediche di settore e con le varie guarnigioni delle forze marocchine visto che ci troviamo  nel territorio occupato da loro.

E’ un continuo scambio di dati.

Nel Team Site abbiamo , la sala radio, la sala riunioni , con un televisore poco funzionante che prende solo pochi canali di lingua araba, la cucina con annessa la grande cella frigorifera,  la sala mensa, il grande generatore e quello piccolo  per l’a alternanza giorno- notte  , la sala docce e la sala lavanderia dove c’e una lavatrice-asciugatrice per le nostre necessità.

In cucina  c’è sempre un via vai di gente: caffè, tè a tutte le ore della giornata,  ognuno si prepara qualcosa, anche se per il pranzo e le cena abbiamo due soldati marocchini che, come da accordi internazionali, provvedono per i  nostri pasti.

I risultati non sempre sono buoni, tuttavia tutti ci cimentiamo nel  preparare qualche piatto tipico dei nostri paesi.

Ovviamente  abbiamo cibo per gli occidentali e per quelli orientali e in particolare per quelli di osservanza musulmana.

Il tempo scorre più o meno bene , pattuglie, pattuglie di collegamento con altri Team Sites      rifornimenti, meeting, collegamenti radio ecc.ecc, famiglie berbere in transito ecce ecc.

Dopo un mese circa, mi trasferiscono  ad Awsard nel piu grosso Team Site dell’intera missione con l’incarico di Team Site Leader.

Ad Awsard le attività, più o meno sono le stesse svolte negli altri Team Site, con l’aggiunta che  in più  abbiamo pattuglie eliportate fisse , i trasferimenti con automezzi pesanti per rifornire le altre postazioni con benzina, gasolio, acqua sigillata per bere (sidi ali) e quant’altro  serva o si renda necessario. 

Le pattuglie di collegamento on altri Team Sites durano anche  tre notti e quattro giorni fino ai confini del Settore Nord della missione. Non ci facciamo mancare quasi nulla.

Le pattuglie  formate da quattro persone su due fuoristrada, ben corazzati a causa delle mine, si spostano una dietro l’altra, ma in parallelo poichè se fossero una sulla scia dell’altra la seconda autovettura sarebbe colpita in pieno dalla enorme quantità di sabbia  che si alza, coprendo la vista e soprattutto la “ traccia” che dobbiamo percorrere.

Parecchie volte capita che percorsi centinaia di metri, facciamo marcia indietro perché la traccia da percorrere svanisce, e così dobbiamo andare alla ricerca di un’altra più sicura.

I fuoristrada si muovono su  percorsi più o meno sicuri , su terreni dove a forza di continui passaggi , pur in un contesto sabbioso, si è consolidata e formata una sorta di  strada , deviando dalla quale si rischia di incappare in qualche mina con tutte le conseguenze prevedibili.

Abbiamo carte con su riportate i punti mina o i campi minati,  sempre in  continuo aggiornamento.La prudenza non è mai troppa,

L’ordine perentorio è  quello di  rimanere sempre  sulle tracce, e  questo viene sempre  ribadito ,in tutte le salse possibili, negli incontri quotidiani del personale, e in ogni occasione.

Lungo il  Berm, il muro di sabbia lungo  2720 Km  costruito dai marocchini e che attraversa quasi tutta l’area del Sahara occidentale, ci sono disseminate e interrate  milioni di mine antiuomo e anticarro, parecchie anche di produzione italiana.

È capitato nel passato che qualche osservatore  abbia deviato dalle rotte solite e non abbia rispettato l’ordine, vuoi per prendere dei fossili  (il deserto ne è pieno) vuoi per raccogliere rose del deserto, cristalli di quarzo, o per curiosare su ordigni  e sistema d’armi abbandonati  e quant’altro, le conseguenze sono state terribili : gambe dilaniate, mani, ferite molto gravi e purtroppo svariate vittime.

Grazie a Dio, fino a questo momento nulla è successo.

Muoversi nel deserto non è semplice, se non fosse per il GPS  sarebbe impossibile muoversi.

Basta una tempesta di sabbia che cancella il tutto, e anche i berberi e le persone che ci vivono da parecchio tempo,come le forze del Marocco, perdono l’orientamento.

Solo i berberi, con i loro dromedari riescono ad orientarsi perfettamente, conoscono alla perfezione i punti di riferimento del terreno e come 2000 anni addietro, seguono rotte invisibibili tracciate nella loro mente fin da bambini.

AS-SALAM ‘ALAYK KUM ( la pace sia con te/voi)

Con questo  saluto ci  rivolgiamo, in pattuglia, ad una famiglia berbera,una delle tante che ha piantato la propria  tenda lungo i nostri tragitti.  Loro, con la mano sul cuore , ci rispondono

WA ALAIKUM AS-SALAM  ( e la pace sia anche con te/voi)

Ci accolgono una signora giovane, una donna piuttosto anziana , un uomo  cinque bambini tra bambine e bambini di età varia. Attorno alla tenda ci sono tre dromedari, delle capre e ,in piccolo recinto. dei capretti.  Mentre salutiamo sopraggiungono un paio di cani dall’aria festosa.Le donne ci invitano ad accomodarci su dei tappeti con parecchi cuscini e  la più giovane,cosparge, me e agli altri tre componenti la pattuglia, di essenze profumate, odorose mentre la donna anziana  inizia a preparare il tè alla menta,  come segno di stima e di benevenuto.

Nella tenda notiamo il libro del Corano, attrezzature varie per cucinare ,erbe essiccate e parecchi cuscini, tappeti e bottiglie in plastica con acqua da bere.

Conversiamo con loro tramite l’ufficiale che parla l’arabo, regaliamo ai bambini scatole di formaggini danesi, latte in scatola, biscotti sempre danesi e qualche bottiglia d’acqua sigillata. (La Danimarca in questo periodo ha l’appalto dei prodotti alimentari per le Nazioni Unite).

Poco dopo il tè è pronto e la signora ce lo versa dall’alto in bicchieri molto colorati in modo tale da formare la cosiddetta shashiyya, della schiuma che  riproduce il copricapo degli uomini e che si chiama allo stesso modo.

Beviamo il tè caldo, il tè nel deserto con una temperatura di circa 50°/51°, è molto buono e ben zuccherato.

Ci tratteniamo circa un’ora,parliamo  di svariate cose, chiediamo notizie varie, di movimenti, passaggi di militari,  e quant’altro che riteniamo di nostra utilità. Loro sanno del pericolo delle mine e  di gran parte delle loro ubicazione…

Di norma ogni pattuglia ha un ufficiale che parla arabo come gli  egiziani, i tunisini  o i russi… con i militari del Marocco si parla in  arabo o in francese e con qualche ufficiale anche in inglese.

Tutti gli  ufficiali russi, circa 24 in tutta la missione nel Sahara ,oltre all’inglese parlano  una lingua differente uno dall’altro : cinese,  tedesco,portoghese  ecc.. ecc.. e  naturalmente arabo.

In missione, ogni tre  quattro settimane  arriva  posta per noi italiani. Lo Stato Maggiore di Roma,  tra l’altro, ci invia riviste e libri vari che una volta letti vengono ruotati  tra me  gli altri quattro connazionali distribuiti nei vari Team Sites dell’intera Missione. Completato il giro, il tutto poi  lo passo al “sesto italiano” che per combinazione si trova con me : Oleg Androsov  un russo che oltre a  saper parlare un italiano eccellente , canta pure le nostre canzoni…e dice  sempre … il bel canto italiano, il bel canto italiano, e  canta, canta per tutto il deserto.

Nella realtà , quasi tutti gli ufficiali russi fanno parte del  KGB,  e questo spiega  la conoscenza e la necessità di conoscere più idiomi…

Dice un detto tuareg che “DIO HA CREATO IL DESERTO PERCHE’ GLI UOMINI RISCOPRISSERO LA PROPRIA ANIMA “

Gli  scenari straordinari, d’incomparabile bellezza che si incontrano nel deserto, al mattino presto e  al tramonto  specialmente, sono unici.  I colori della sabbia sono molteplici,  rossa, gialla e poi scura con sfumature rosa e violacee, a secondo  della tipologia del deserto  o dove si  posa lo  sguardo. Attorno, fin dove arriva la vista, c’è silenzio, il grande silenzio che tutto avvolge.

Le notti, rischiarate soltanto dalla luce della luna e dalle stelle  sono  di una bellezza a dir poco stupefacente, assolutamente indicibile , bisogna esserci per tentare di descriverle.

La mancanza assoluta di luci artificiali fa apparire la volta stellare più vicina a noi, la maestosità  della  Via Lattea, le stelle in generale, i pianeti riconoscibili, così come le costellazioni,  distinte e molto lucenti, sembra quasi di poterle toccare, tant’è che sono visibili  e brillanti nelle notti terse del deserto.

Lo scenario ricorda tanto  la carta azzurrognola che riproduce il cielo con le stelle brillanti che si mette a capo del presepe.  È proprio così.

A parte  la forte escursione termica,di notte  sembra di essere  su di un altro pianeta.

Normalmente alle 17:00, le pattuglie in servizio esterno di tre- quattro giorni, una volta comunicate le coordinate via radio al comando del Team Site, si fermano e si preparano  per il restante tempo della serata, per cenare o altre cose.

Si ha come si dice del tempo libero, ma senza poterci allontanare dal Comando pattuglia.

Si sta insieme e si mangia insieme

Capita che qualche ufficiale di fede islamica,  prima di mangiare, chiede di poter utilizzare  dell’acqua per potersi purificare prima della preghiera. Normalmente l’acqua che viene concessa è quella che sta in un “piatto piano”

L’acqua  specie nel deserto è, e rimane sempre l’elemento più prezioso di ogno cosa.

Nordin ma che cosa hai  combinato?

Nordin Bin Shamdin è un capitano della marina malese, il più giovane degli ufficiali in forza al Team Site di Awsard, e durante una pattuglia, prima di cenare, chiede di poter utilizzare dell’acqua per la sua preghiera.

Si purifica, si copre le spalle con uno scialle bianco e mette uno zucchetto,  sempre bianco, sulla testa , ed iniza così a pregare non tanto distante  da me e dagli altri.

Dopo la preghiera, ritorna per cenare insieme a noi.

Nordin ma che cosa hai combinato? Il viso di Nordin  è tutto un interrogativo…. gli dico in maniera,  molto convincente che ha indirizzato la sua preghiera non verso l’Arabia Saudita,  

dove è  situata La Mecca, bensì verso la Turchia … e , bussola alla mano,  frettolosamete gli dimostro che ha commesso un errore di calcolo… Nordin entra subito in crisi e dà segni di agitazione, vuole pregare nuovamente , gli dico che abbiamo fame,  lui insiste, ma io e gli altri non  vogliamo più  aspettare.

Il viso già scuro di Nordin diventa ancora più scuro e gli occhi si intristiscono ,diventano quasi lucidi…., passa del tempo e gli dico:   My brother -fratello mio, è tutto uno scherzo.., la direzione verso La Mecca  è quella giusta…  Nordin, quasi incredulo,  si rilassa e si calma immediatamente, tutti ridiamo di  gran gusto, compreso il pakistano  Amir, fumatore accanito ma poco incline alle osservanze della sua religione, in parole povere un musulmano  poco praticante.

La vita nel deserto continua alla stessa maniera: attività operative, comunicazioni, trasmissioni di dati, violazioni, spostamento di armi, convogli di soldati marocchini o del Fronte del Polisario e poi meetings, riunioni  e analisi delle operazioni.

I contatti con i miei famigliari, in pieno deserto, avvengono tramite  Germano e Lidia una coppia siciliana di Ragusa molto popolare tra noi italiani.

Normalmente, cerco una radura ampia e oriento l’antenna installata sul fuoristrada,  mi collego  sulla frequenza  dei due e chiedo loro di chiamare casa  e di mettermi in contatto con i miei. Il collegamento non è dei migliori ma riesco a parlare con Maria, Antonio, Fabiola e con i miei genitori. Parlo dei fatti in generale, perchè ci sentono tutti… Sto usando la radio come se appartenessi alla banda cittadina, ma un po’ allargata.

Germano e Lidia fanno un lavoro molto prezioso per noi… Non li conosco  direttamente,ma  noi italiani gli siamo grati e speranzosi di conoscerli. Ci rendono un servizio immenso.

BERM, MURO DI SABBIA LUNGO 2720 KM

autore: Angelo Di Salvatore, foto: la Missione, di Angelo Di Salvatore



0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *