Le Avventure del professor Aragosa, SECONDA PUNTATA


di Lidia Di Lorenzo


   Per migliorare la visibilità della Scuola ed attrarre finanziamenti dal Provveditorato agli Studi, e anche per far valere la sua presenza, come nuovo preside, il prof. Aragosa favorisce la programmazione di una gita scolastica, da farsi nei primi giorni di primvera, allo sciogliersi delle nevi perenni.  Gli alunni accolgono con entusiamo la notizia e vivono la vita scolastica in attesa del giorno della partenza, perché questa è naturalmente l’attività didattica a loro più gradita. Unisce il piacevole e la conoscenza,  favorisce la socializzazione e lascia nei giovani studenti ricordi indelebili.

Concluso l’iter di rito: riunioni varie con i genitori, Consigli di classe, Consiglio di Istituto e Giunta esecutiva, si stabilisce di portare gli alunni nientedimeno che a Reggio Emilia, che dista 32 chilometri da Baìso. Essendo il paese situato ad una altezza di 500 metri sul livello del mare, ed essendo la strada piena di tornanti, la distanza è percorribile in 45 minuti circa.

Partono le indagini fra gli alunni, ma l’adesione è contenuta e abbastanza deludente. L’iniziativa desta una certa diffidenza tra i genitori, che non consentono ai figli di uscire, ma soprattutto tra i docenti, i quali non incoraggiano le scolaresche, per non doversi fare carico dell’accompagnamento delle classi.

Si prenotano 51 alunni e si fa la gara tra diverse ditte per il trasporto.

L’incaricato della ditta vincitrice si presenta a scuola, e dopo i primi accordi, comunica che i posti a sedere per gli alunni sono in numero di 50. Tre sedili sono destinati agli accompagnatori, ed uno al secondo autista, tutto secondo norma.

Si evidenzia allora un grosso problema, al quale prima nessuno aveva pensato: come si farà col cinquantunesimo alunno?

Si chiede alla ditta di mettere a disposizione un secondo pullman, ma ciò comporta l’annullamento della prima gara e l’indizione di una nuova. La cosa appare subito impraticabile dal punto di vista della legalità e viene scartata, anche perché la spesa per il secondo pullman farebbe lievitare il contributo delle famiglie. Scenderebbe pertanto il numero dei partecipanti, e si renderebbe inutile successivamente usufruire di un secondo pullman. Un solo pullman è insufficiente, due pullman impossibili. Gli alunni restano rigorosamente cinquantuno.

Il problema così posto viene lasciato nelle mani del Preside e sembra davvero di non facile soluzione.

Si pensa allora di chiedere ad un docente volenteroso di seguire, col cinquantunesimo alunno a bordo, la gita, e di unirsi al gruppo, una volta raggiunta la meta. Nessun docente, però, si mostra disponibile ad assumersi tale responsabilità, anche con assicurazioni varie da parte del Preside e l’assenso firmato dai genitori.

Il Preside è a Baìso senza macchina. Avrebbe risolto di persona il problema, ma non gli è consentito. Nelle notti insonni va con la mente, non senza nostalgia, alla sua vecchia scuola, dove in un pullman da conquanta posti se ne imbarcavano almeno sessanta o anche settanta. Dai sedili venivano estratti gli strapuntini e tutti potevano accomodarsi. I docenti a volte facevano a turno a sedersi, come a dormire, e non pensavano neppure ad una retribuzione aggiuntiva per il carico maggiore di lavoro. In tre anni di scuola media, gli alunni avevano la possibilità di visitare Firenze e i suoi musei, Rimini e Italia in miniatura, la Sicilia, le pendici dell’Etna, il teatro romano di Siracusa e anche Taormina. Limitata era la spesa a carico delle famiglie, cosa che favoriva la partecipazione. Alunni e docenti viaggiavano felici e tranquilli in un pullman che durante il percorso spesso veniva ricoverato in officina. Tutto filava liscio, la collaborazione era spontanea e scontata. I ragazzi conservavano di quelle uscite ricordi incancellabili e molti di essi facevano l’esperienza di dormire, si fa per dire, per la prima volta in albergo, tra battaglie di cuscini, porte sbattute, corse tra un piano a l’altro, albergatori infuriati, e docenti a vigilare nei corridoi, morti di sonno e di stanchezza.

Si arrovella il cervello il povero Preside in cerca di una soluzione, ma all’orizzonte non si intravede nulla. Poi si affida alla divinità e alla buona sorte, e questa gli viene in soccorso.

Il giorno prima della partenza il docente organizzatore viene a portargli la notizia attesa:< Preside il problema è risolto! Un alunno si è ammalato! >

Deo gratias! esclama il professor Aragosa.

autore: Lidia Di Lorenzo, nella foto in miniatura, San Prospero, da sito Reggionline



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