Verso la fine degli anni novanta, in occasione della ristrutturazione della vecchia chiesa di S. Biagio fuori le mura del castello, durante uno scavo effettuato nei pressi dell’altare maggiore, per la messa in opera del nuovo pavimento, furono rinvenute due tombe.

In una fu trovato il corpo di un nobile, forse un duca, risalente probabilmente alla metà del Cinquecento, come si poté evincere dal vestiario perfettamente conservato. Il nobile vestiva un mantello simile al tabarro, che dalle spalle cadeva fino al ginocchio; una candida gorgiera, ovvero un colletto consistente in una striscia di lino pieghettata a ventaglio e sostenuta da una sottile armatura di fili metallici, copriva il collo. La giubba di foggia spagnola, con due spacchi ai lati, lasciava intravedere una fodera di stoffa preziosa, e aveva maniche unite al corpetto mediante bottoni. Le larghe braghe al di sotto dei ginocchi erano inserite in calzettoni che terminavano in due scarpette di cuoio ricamato. La seconda tomba era quella di un bambino di circa dieci anni. Dei suoi abiti rimaneva ben poco.

Appena il vestito del duca venne a contatto con l’aria cominciò a disfarsi, come carta bruciata. Si tentò di preservare un tale prezioso ritrovamento, toccando i resti con ogni delicatezza, ma fu tutto inutile, perché l’immagine che all’apertura della bara era nitida e ferma si dissolse e ogni cosa si ridusse in polvere. Alla fine ciò che rimase, insieme alle ossa, fu raccolto in una piccola bara e i due corpi furono uniti in un ultimo macabro abbraccio. All’operazione assistettero i carabinieri della locale stazione, chiamati dal parroco, i quali diedero il loro assenso per il trasporto e la tumulazione della bara nel cimitero di Limatola.

Il luogo della sepoltura, la ricchezza degli abiti indossati, la nobiltà dell’aspetto dei due corpi fanno ritenere che si trattasse di membri della famiglia Gambacorta, duchi di Limatola, che avevano la loro dimora nel Castello, benefattori e mecenati, protettori di artisti, come il Tolentino, e finanziatori del restauro della chiesa di S. Biagio fuori le mura. Molto probabilmente erano venuti alla luce, dopo quattrocento cinquanta anni, i resti del duca Francesco e del figlioletto.

Il ritrovamento ci dà occasione di riferire, sia pure in maniera sintetica, quali erano i vestimenti in uso nelle province napoletane dal XII al XVI secolo, in verità non molto dissimili da quelli che si ritrovavano ancora nei nostri paesi fino a pochi decenni fa.

Da un documento rinvenuto nell’Archivio storico delle province napoletane. Anno XXII° Fasc. I°. Napoli 1897, p. 648 sgg., estraiamo questo elenco di capi di abbigliamento maschile e femminile del tempo:

la camicia. Era un capo essenziale dell’abbigliamento sia maschile che femminile. I maschi la portavano come abito esterno, mentre le donne lo portavano come capo intimo, camisia interula. La camicia per uomo era indossata soprattutto da nobili, essa era denominata anche “camisea, cammisea, camisia, camisa, camisa mascolina, cammisa (nap.) de homo de tela de olando con maniche larghe, lavorata de oro et seta carmosina a le maniche et a li capicze de tela de olanda”. “Pecto de cammisa, de cambraje  lavorato de oro tirato de rellevo inpescato (mischiato) con argento tirato sopra lencza (lenza, nap. striscia, vista) de siti carmosino”.

La descrizione della camicia da donna si rileva da un elenco di capi di corredo di una fanciulla da maritare. “Camisia muliebris, interula, intervula: de pagnu de linu: tamen dispono ut tenuta fiat nemorata coniux mea donec quod ipsa revenerit ad maritantum facere debeat per omni anno, id est camicie duodecim de pagnu de linu pro ipsa conius mea illas tantum in die veneris sanctum a duodecim pauperibus pro anima mea”.

Le camicie potevano essere di varie stoffe e modelli: de pagnu de renzi ; de panno cave; de panno renzie impurcuzuta; de pannicello resciata de oro et con capicze de oro seta negra et Carmosina; de tela de olanda lavorata de seta negra co le maniche larghe a la catalana; de tela de olanda suptile con le maniche larghissime laborate de seta de grana, simile con le maniche ad pugnali; de tela de casa soptile laborata con pontilli; de cambraya coste de oro; laborata de filo; ad reticellas; laborata de auro; seminata; ad vigenti sex liculas cum magnis manicis; ad chiappitelle; ad iugasitum;

il corpetto. Il corpetto copriva la camicia nell’uomo e costituiva la parte superiore dell’abito femminile;

il mantello. Palledellum, pullidellum, secondo il d’Ovidio. In una pergamena greca trovasi la voce palledallion. Nelle glosse di Vienna (Anciens glossaires romans, p. 129, nella collect. Philologique, Paris 1870, f. 3), pubblicato dal Diez, è “Paludel, sarròc (abito di guerra).  Secondo il Diez, paludel deriverebbe dal latino paludamentum. In italiano appare una prima volta in una traduzione manoscritta di Valerio Massimo: paludello, piccolo mantello;

le mutande. Brace, brache, mutanda, paro de cauzune (nap. calzoni), de panno grosso bianco;

barrecta da nocte;

imbuccaturo, maccaturo, (nap. fazzoletto), de tela de olanda con lavoro a mano di pezzulli larghi con certe lenze (strisce) lavorati a mano;

mantesino (nap. grembiale) de tela;

cagarelle (nap. fasce) da infasciare creature (nap. bambino);

abiti da uomo. Oltre la camicia e il corpetto troviamo: la tunica, juppa, juba, giubba, zoppa, cioppa, de viridi de panno, coloris nigri, de saja rubea, de seta, de pago naczo, de grana rinfoderata e poi Jupparellu, juppettum de guarnello (corpetto di tela bianca et oro falso); Juppo. Jeppone de seta leonata, de fostanio bianco. Gioppone de tela d’argento con guarnitioni d’oro; Sajo, de damasco nigro et guarnito de velluto nigro et broccato rinfoderato de grese, a la francese de panno nigro et velluto morato con liste de taffecta argentato; Sajone, alla francese de velluto nigro con gironi di raso paonazzo allistato foderato de seta; Guascappum, de bleve, guascappa (fr. antico); Roba, de perpignano longa rinfoderata de siti celestre de pagonaczo de grane infoderata de velluto nigro; Robone, de scarlata inferrato verde.; Thoga, de panno lane albo; Epidogium; Guarnacia, de fiorentino, de viriis minutis; Coctardida, de terricana, rinfoderata de brunetto nigro; Jornea, de imbroccato de oro carmosino, de velluto nigro con frange de oro; Coperto de pecto, a la scimiczata de velluto carmosino ricamato de oro tirato rinfoderato de siti nigro; Gorghera de seta,pagonacza resciata de oro et de seta morata; Mantellum, ruxum, coloris celestini de carcasono, de velluto nigro infoderatum de pannaceo inforratum de decendato rubeo de luca, protundum de panno brevi; Mantello de acqua, (impermeabile di oggi), de pagonaczo rinfoderato de panno celeste; Tabarrum, tabardum de viridi forratum variis, de panno iubisco rinfoderato de bianchecto, nigro inferrato verde; Capa, cappa: de mellato (velluto) bleveto , crispa de viridi; Cappa ad equitandum pro equitando: de viridi de bruno, de salito rubeo, de scarlata rubea forrata de variis minutis; Borrico de ziambellocto con le maniche inforrate de bagnini; Scappuzio de gramaglia; Cappellus, albus peluso de filtro, de grana peluso, fradisco, guarnito de siti nigro; Pileum de polis copertum saja nigra; Calfarda, ciffarda de scarlata de viriti. (era una specie di berrettone che si ponevano gli arcipreti di S. Giorgio al Mercato e di S. Maria Rotondo, vestiti di piviale, per fare le “squarastase” all’arcivescovo e al Capitolo nella Pasqua di risurrezione). Il Borgia ci fa sapere che le cialfarde erano i berretti che portavano gli inservienti della curia di Benevento, i quali perciò si chiamavano Ciffardi (Mem. Istoriche della pontif. Città di Benevento, Roma 1774, V°. II°, p.289);

Guantis de cerbo ; Calzares, calciarettorum, caligis de bleveto; Calcze de stambecco nigro, de panno biancho; Calce de scarlata careinalesca, de taffecta nigro, negro ricamate de oro et seta cannosina; Stivali di cervo; Stivalecte; Bolzacchini de somacco; Chianelli, de coiro al la valentiana, de velluto nigro, de damaschino, de pelle.

 

Vestiti da donna. Oltre la camicia come veste intima e il corpetto, troviamo: roba, veste, abito completo. Le parti che lo componevano nelle scritture napoletane erano dette “guarnimenta”, così: Roba retium guarnimentium, cioè tunice ceprensis et mantelli de velluto rubeo cum pannis seu foderis de vayris ac in fresatura (orlatura); Robone de tafectà nigro, de velluto nigro infoderato de lupi cerveri; Robecta de velluto nigro rinfoderata de tafecta bianco, de brostono, de pirpignano senza scappoczino con lo collare de velluto;  Mencia Roba, de siti nigro a la francese revectata (orlata) de velluto nigro con deceocto maglie de oro smaltate alle maniche et a lo pecto con lo collecto et foderata de broccato nigro; Tunica muliebris, femminea: de bleveto cotidiana, de scarleto, de bruneto, de panno nigro aut viridi, de panno tartarico inforrata de panno tinto, de panno anteo cum “infresaturello” de perlis, de osellato (uxellato, ricamato ad uccelli, manicarum duarum “superfluarum”, cioè maniche di ricambio. Le maniche erano separate dalla veste e vi si attaccavano provvisoriamente prestandosi così a svariate composizioni di colori; Gonnella, de paonacio de grana cum manicis infoderatis damaschino carmosino, de panno cardenalisco, de cardenalisco con maneche con pontali de oro listata de velluto nigro, partita de siti bardiglio et velluto limonato listato de siti nigro ad tre lenzce con sey buctuni smaltati de oro, con una cifra, fiorencza de verde cupo con le maneche guarnite de pontali de oro e con la “cortapisa” de velluto limonato de siti biancho listata de siti Carmosina, de broccato carmosino raso figurato con grappa de velluto nigro da pedi con maniche larghe a la francese, de damaschino bianco infoderato de tela cruda; Sultana, sottana; Sbernia. Bernia (sp.), bernie (franc.), da Hibernia, Irlanda significando dapprima una stoffa lanosa e villosa, che si fabbricava in Irlanda, poi, passò a significare i mantelli che con quella stoffa si usava fare (Diez e Koerting, il lusso di Isabella d’Este, nuova antologia, 1986, vol. 147. p. 457). Era un mantello ampio e lungo, fissato sulle spalle, che si poteva volendo, gittare anche intorno al collo, ovvero poggiare sul braccio, de siti bardiglio revectata ad tre rinfoderata de tafecta nigro. Coctardita, de panno violato cum pomectis de auro laborato. Cuctella, de lana bleve cum collu de pernis. Cursectus, corsectus, panni de lana de brussella coloris. Faltiglia, di tafecta a fiamma con passamano do oro fino cum suo corpetto. Gorgiera, listata de seta nigra et biancha. Supertunicale, cum manicis, sine manicis. Sajo, de velluto carmosino listato de broccato biancho. Gamura, cirmilia Gamorra, de brochato morato. Camorra, de brocato pictato morato. Zimarra, biancha con cagarelle de seta negra, bianca de bagnini. Infresatura, orlature, da friso in collu et manicis robbe de pernis, auri tracti, de oro. Imponellatura, bottoniera, intesa de argento petiorum docenta, con bottoni de argento de aurato, de auro cum esmaltis ad arma, de oro a manico de lasso, de ambra, de zoetta, de calcedonio, nigri cum lapide viridi, de perlis. Gramata, francia. Centura, cintura, di boye (bue) marino cum murdanti et bocchula et czapecta de oro. Centa de recza, de seta verde, de ioyecti negre. Cintus de serico, de florentia. Corrigia, pro muliebris: serica nigra, de ligno cum boccola murdante et passante de ligno subtili et genioso opere laborata, de argento. La corrigia era variamente lavorata, quindi si aveva la corrigia de seta clabata de stagno, de argento, con barre de argento de correa, corrigia con scripta de argento con le licere de la Nunciata. Bursa, rachamata de auro et serico imbrusuta, cum serico et auro consueta, de seta alba ad pappagallos cum buctonibus de perlis tribus. Corda, Filaru, Resta de paternoster: pallottoline di pietre o di metalli preziosi, che da principio si usavano a scopo di devozione per le corone del Rosario, ma poi ben presto furono impiegate per lusso, appesi alla cintura, o girati attorno al collo, e si trasformavano persino in contrassegni d’amore: de coralli, de ambra, de perlis. I paternostri erano intermezzati da “in segnali”, segnacoli, cioè globi più grossi, come nei rosari, de argento, Auri, de zeffiris et perkis grossis, de calcedonio. A questa specie di cintura erano sospesi talvolta ciondoli di diverse forme: Es.: duy componecti et un T de Sancto Antonio. Attaccalia, (nap. attaccaglie), nastrino a cui era sospesa una croce. Collarectus niger. Gorghera, de pannicello de seta laborato, de seta et oro. Faciorum, facziorum, fazzoletto che si portava alla testa ed al collo: de seta, listato de seta, ad aurum, de venetiis listatum de serico. Mandile, mantiglia. Tobalea, pro capite, da capu, muliebris pro capte, pro collo, de collo, ad collum: de serico cotidiana, serici auri laborata ad rosas auri, ascolana auri et serici,greca lavorata de seta et oro con le frange, laborata serico ad usum Aprucii cum certis avibus et arboribus. Pannum, serico qui se vocat catablatto P. supra clavia cum litteris cervello anulo vittulos. Supra clavia, secondo il Morea, significa ornato di strisce di porpora da clarus. Sarebbe il fazzoletto che si porta, specie in ambiente contadino, sul, capo con i lembi laterali rivolti in su e nascosti da quello del davanti rivoltato sopra di esso. Vilum, seta, de seta cum auro. Caputheum, de panno de Ingrecterra, capuczelli romaneschi. Cappellus, de pannis pavonu. Cappello, de siti nigro guarnito de oro, biancho guarnito de velluto carmosino. Cappellus, ad solem, cohopertus de panno aureo cum diversis operibus esmaltis pernis et lapidibus pretiosis forratus de cendato violecto cum floribus aureis et cum laqueo de seta in quo erant buctones de pernis quinque. Lactuca, de testa de dompna. Scuffia, (nap. Cuffia) de oro et siti carmosino coperta de ricze de oro et con li laczi de oro, le trenczato de pannicello de seta con capiczi laborati. Scuffione, de seta negra et oro, di oro fino con un velo, seu moccaturo con pizzilli lavorati di oro fino et argento fino. Rete, reticella, reticella de seta, dumenicolis, da domenica, che si metteva cioè nei giorni festivi. Reze, rete de oro a de testa per domina. Riticeglia, de oro et argento.La queide capillis, cum buctinibus de seta. Pontecti de lacze, stringitorium pro capite de seta. Gorlanda, deseta cum pernis. Mantellus, mantellus pro domina, de panno nigro, de panno lòane, coloris viridi foderatum variis, de scarlato foderatum cintato viridi e di altri colori. Laqueis, de mantello cum perlis et ismaltis.

Caligarum muliebrum, de panno rubeo, coloris scarlatini. Caecze, de siti carmosino. Patinorum muliebrum, pari, pianelli di seta di velluto carmosino. Chianelli coperti di broccato bianco. Scarpe de sommaccho, valentiniano. Ventaglie, de donna. (Archivio storico per le province napoletane, anno XXII, fasc. I°, Napoli 1897. – Arch. St. Prov. Nap. Anno XXI, p. 648 n° 1).


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